Tasti di scelta rapida del sito: Menu principale | Corpo della pagina

Il Quartiere del Trono nel Palazzo Ducale di Lucca

Lucca, Palazzo Ducale, particolare della tappezzeria
Lucca, Palazzo Ducale, particolare della tappezzeria

Negli intenti di Elisa Baciocchi, appena insediata dal fratello Napoleone alla guida del Principato di Lucca e Piombino assieme al consorte, l'esigenza di riqualificare gli ambienti di palazzo secondo un progetto formale e assieme politico non dovette essere certo secondaria. Eppure la breve permanenza (appena 9 anni), l'ipotesi di spostare il baricentro del potere verso il nuovo quartiere progettato nella zona orientale della città, accanto alla nuova Porta urbana che porta tuttora il suo nome, la predilezione per la villa di Marlia in cui profuse finanziamenti, concorsero a far sì che nel Palazzo Pubblico il nuovo corso venisse affidato soprattutto a tapezzerie e arredi, di più veloce esecuzione rispetto a più impegnative decorazioni. Un progetto di trasformazione degli ambienti al piano nobile, e di un rinnovato utilizzo di parte di essi, rimane comunque a testimoniare l'intento di procedere in quel senso, anche se toccherà a Maria Luisa di Borbone, già regina di Etruria e consolata dopo la sconfitta di Napoleone con l'attribuzione del ducato di Lucca in attesa di poter rientrare in quello di Parma, il compito di ridefinire gli ambienti di rappresentanza del palazzo così come quelli riservati ai regnanti.

Ben consapevole di appartenere ad una grande dinastia che si restringe in un piccolo ducato come ad una assegnazione burocratica conservando orgogliosamente i segni del fasto passato, la duchessa, che sempre terrà al mantenimento del titolo di regina, trovò in Lorenzo Nottolini un valido interprete dei suoi desideri. Il piano nobile venne dunque suddiviso, come di norma nelle regge europee del periodo, in tre grandi blocchi: il quartiere di parata, il quartiere della regina e quello del Re.

Al quartiere di parata - o del Trono, secondo i più fedeli interpreti delle aspirazioni di Maria Luisa - si accede ora da una nuova scala, anch'essa detta 'regia', progettata appunto da Nottolini che ne curò anche il disegno dell'apparato decorativo, in stucchi a bassorilievo che alternano Vittorie, genuflesse accanto a candelabre, a grifoni affrontati, non senza inserire figure alate che sosengono allori sui simboli araldici dei Borboni: decoro e ufficialità sono dunque assicurati da un lessico celebrativo articolato in schemi di purezza e semplicità. La nuova scala portava alla cinquecentesca Sala degli Staffieri, pensata da Bartolomeo Ammannati come sala per il Senato della Repubblica lucchese - lo assicura la decorazione del grande portale, su cui campeggia la sigla SPQL (Senatus Populusque Lucensis), da cui si dipartono il quartiere di parata e quello riservato ai reali consorti (ora occupato dalla Prefettura). Nell'attigua Sala delle Guardie (o del Consiglio Generale), anch'essa di impianto cinquecentesco, la modernizzazione era affidata alla decorazione a finti arazzi con Storie di Traiano, dipinte da Luigi Ademollo con terribilità e alfieriano cipiglio, e alle preziose suppellettili portate da Roma, (tripodi, trofei, colonne rostrate) che un tempo la arricchivano.

Ma è nella successiva Sala dei Ciambellani che Maria Luisa costruiscce la propria apoteosi: qui le figurazioni, accuratamente progettate sempre dal Nottolini, la cui esecuzione è affidata ad una delle migliori botteghe di stuccatori attive in quegli anni in Toscana, e già al servizio anche di Elisa, convergono sul tema della regalità magnanima e clemente, benevola e illuminata. Attorno al medaglione centrale che ricorda la committente e la data di esecuzione (il 1818), tra una profusione di gigli borbonici, entro geometriche partizioni, allegorie che ricordano virtù e prerogative dei sovrani (richiamate da Minerva ora china sui libri ad illustrare il mecenatismo verso le Arti, ora armata a ricordare i doveri della difesa), si alternano al ricordo delle imprese di Carlo V, a sottolineare che il trono di Spagna era nelle mani della famiglia della duchessa. L'uso prevalente del monocromo, appena rinforzato dall'oro, prende avvio dalle esperienze del Tofanelli che nel 1809 nella cappella del SS. Sacramento della cattedrale aveva finto a chiaroscuro sculture architetture con ispirazione tado antica e magniloquente.

Simboli araldici e imprese dei Borboni, accanto ad una corona che di nuovo ricorda la passata qualità di regina di Maria Luisa, caratterizzano anche la sala successiva, quella detta del Trono, che si accende sulla volta di vivaci colori nella Sapienza assistita dalle virtù cardinali, chiara allusione alle funzioni della sala, dipinta da Domenico Del Frate, richiamato per l'occasione da Roma dove, ormai affermato disegnatore e frescante, era al culmine di una carriera che, inizialmente aiuto ed allievo di Bernardino Nocchi e amico di Stefano Tofanelli, lo aveva visto avvicinarsi a Canova. A lui si rivolse Maria Luisa anche per il Gabinetto del Sovrano, che conclude la sfilata delle sale, dove l'impegno alla protezione delle arti, prerogativa di un sovrano, è richiamato nella parte centrale della volta da Apollo che ammaestra la storia, non immemore di Mengs, e nei finti bassorilievi monocromi che la contornano, anch'essi dedicati ad Apollo, piuttosto vicini alla lezione del Nocchi. A Luigi Catani, ben noto esponente del gusto neoclassico a Firenze, furono invece affidati i riquadri sopra le porte in cui si illustrano altri attributi di Apollo.

Per la decorazione della Sala dei Consiglieri ci si avvalse di un altro fiorentino, Gaspero Martellini, qui alla sua seconda impegnativa prova dopo l'esordio a Palazzo Pitti: la Sfida di Pallade e Nettuno sul nome da dare ad Atene allude, come le immagini di Solone, Fidia, Platone e Pericle che la attorniano, alle decisioni che un sovrano e i suoi consiglieri devono prendere e i modelli cui devono ispirarsi.

Nulla rimane invece dell'ambizioso progetto di Elisa, peraltro mai portato a termine, della costituzione di un museo o di una 'galleria di palazzo', da formarsi con le opere indemaniate dopo la soppressione di chiese e conventi: venduta in Inghilterra nel 1836 da Carlo Ludovico la collezione dei Borboni in cui erano confluiti anche alcuni capolavori cittadini, la nuova raccoltta donata dai Granduchi di Toscana quando Lucca perse la propria indipendenza, per un breve periodo ospitata nel Palazzo, è oggi esposta nel Museo Nazionale di Palazzo Mansi.
Grazie ai recenti restauri, che hanno anche riproposto alle pareti i sontuosi parati in seta nei colori originali attestati da inventari dell'epoca, il monumentale Quartiere del Trono si è comunque riavvicinato alla dignità che aveva fatto affermare a Tommaso Trenta, nella sua Guida di Lucca del 1820, è appena credibile come un Palazzo fatto per uso di una Repubblica abbia in sì poco tempo preso l'aspetto d'una delle Reggie d'Italia più eleganti e maestose.

Palazzo Ducale
Quartiere del Trono
Cortile Carrara,1
Lucca

Tel.  +39 0583 417363
E-mail: info@palazzoducale.lucca.it